Novembre e le sue tradizioni

Novembre è stato a lungo definito il “mese dei morti” perché nel calendario liturgico cristiano questo mese è interamente dedicato ai morti. La pratica di dedicare un giorno o un periodo al ricordo dei defunti ha origini antiche, sia nel mondo cristiano che in tradizioni che veneravano gli antenati.

Il periodo autunnale-invernale, quando le giornate si accorciano e la natura “si volge verso il riposo”, ha favorito simbolicamente riflessioni sulla morte, sull’aldilà e sulla permanenza della memoria. La convinzione che i vivi debbano pregare per i defunti è stata stabilita nei primi secoli del cristianesimo, quando si dicevano preghiere e messe per i morti. L’idea di dedicare un giorno alla memoria di tutti i morti è nata nel X secolo. Fu Odilon, il quinto abate di Cluny, che nel 988 istituì in tutti i monasteri della sua congregazione la festa della Commemorazione dei morti il 2 novembre, il giorno dopo Ognissanti.

Questa devozione fu approvata nel 1049 da Papa Leone IX e adottata dalla Chiesa nel 1274, dopo il Concilio di Lione, prima di questa data la nozione di purgatorio non esisteva. Il significato profondo di questa festa sta nel legame tra i vivi e i morti e nelle preghiere della Chiesa ai defunti per la loro purificazione. Tutte le culture e le religioni hanno avuto celebrazioni legate alla morte. Gli Etruschi pensavano che i morti si sedessero accanto ai famigliari per partecipare al banchetto funebre.

Nell’Antica Roma, dal 13 al 21 febbraio, si celebravano i dies Parentales e in questa occasione le famiglie onoravano i loro defunti mettendo del cibo sulle tombe, farina di farro, sale, pane inzuppato nel vino. Inoltre si ponevano dei fiori sul sepolcro. I Romani credevano che i morti (i manes) continuassero a esistere e proteggessero la famiglia se venivano onorati. Se invece venivano dimenticati, potevano diventare spiriti inquieti . Dunque, onorarli era un modo per mantenere l’armonia tra vivi e morti.

I Celti festeggiavano il Samhain, una festa dedicata ai morti che nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre potevano tornare nella loro casa sulla terra. Queste popolazioni credevano che in quella notte il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti diventasse sottile, permettendo agli spiriti di tornare sulla Terra.

Per proteggersi e onorare i defunti, accendevano falò, indossavano maschere e lasciavano offerte di cibo. Samhain era quindi una festa di passaggio, di ricordo dei morti, e di purificazione per prepararsi all’inverno. Quando il Cristianesimo si diffuse in Europa, la Chiesa non abolì del tutto le feste pagane: spesso le adattò.

La vigilia del 1° novembre era chiamata All Hallows’ Eve , che col tempo divenne Halloween. Oggi la festa di Halloween è molto sentita anche nei paesi non anglosassoni, i morti escono dalle tombe e scorrazzano per le strade portando la lanterna di Halloween, cioè il fuoco in cui sta l’anima del defunto. In fondo, è un nuovo modo per ricordare coloro che non ci sono più. Le origini di Halloween sono quidi davvero affascinanti perché uniscono antichi riti pagani, tradizioni popolari celtiche e adattamenti cristiani medievali.

E’ difficile attribuire l’origine della festa dei morti ad uno di queste tradizioni, ma indubbiamente la festa cattolica ha origini molto antiche e succede ai riti pagani. Il Giorno dei Morti dà luogo a diverse celebrazioni attraverso il mondo e l’Italia non fa eccezione. La festa del 2 novembre viene celebrata secondo tradizioni che variano da una regione all’altra. A Verona in passato si preparava il piatto dei morti con i cibi come dolci, marroni, castagne, patate dolci.

Il piatto di questi giorni erano le fave. Alcuni paesi della provincia di Verona mantengono la tradizione. Mangiare fave in occasione delle feste dei morti è una tradizione antichissima. Si mangiano le fave per i morti perché, fin dall’antichità, erano considerate il cibo delle anime e il simbolo della rinascita dopo la morte.

Nelle antiche religioni mediterranee, soprattutto romana e greca, le fave erano considerate sacre agli dei inferi e legate alle anime dei defunti. La fava era vista come ponte tra la vita e la morte, simbolo del ciclo eterno della natura. In molte tombe antiche etrusche, greche e romane sono state trovate fave come offerte funerarie.

Da questa tradizione derivano anche i dolci chiamati “fave dei morti”, biscotti a base di mandorle, zucchero e uova, che ricordano le antiche offerte.

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